Ma corriamo per un attimo verso la Chiesa di San Martino.
La
chiesa dei Santi Martino e Rosa (in veneto locale Cesa de San Martin) è
un edificio sacro di Conegliano, situato nel piazzale omonimo, con la
facciata rivolta verso il Monticano.
Luogo
sacro di antica origine, già presente nella prima metà del XIV secolo
legata a un monastero, la Chiesa di San Martino è stata ricostruita per
volontà della comunità dei frati domenicani tra 1674 e 1730, quando
assunse l’aspetto che ancora oggi la caratterizza.
Due
episodi interessarono la chiesa nel primo Novecento: il primo riguarda
la non realizzazione della facciata che l’architetto Vincenzo Rinaldo,
autore della facciata della Chiesa dei Santi Rocco e Domenico, era
impegnato a progettare, cosicché il prospetto principale restò
disadorno; il secondo episodio invece segna la storia della chiesa in
modo irreversibile: durante i bombardamenti della Grande Guerra
l’edificio venne colpito in molte sue parti, cosicché la parrocchia
dovette attivarsi nella ristrutturazione dell’edificio nella sua
totalità.
Oggi
la Chiesa dei Santi Martino e Rosa si incontra, maestosa, nella piazza
omonima, dopo aver passato il ponte sul Monticano, fiume verso il quale
la chiesa guarda.
Dal
1921 è retta dai Giuseppini del Murialdo, il primo ordine religioso che
vi entrò dopo che Napoleone aveva fatto chiudere il convento nel 1806.
Nel
piazzale vi è uno dei maestri (a parer nostro e dei coneglianesi),
della norcineria veneta. Eugenio Montagner, nella sua salumeria
macelleria, propone da anni il meglio delle carni venete, aiutato ormai
dalla seconda generazione di famiglia ( il figlio Nicolò). Cresciuto
negli anni con il semplice passaparola e la stima dei
consumatori,Eugenio ha ‘popolato’ la sua bottega di sopresse deliziose.
Le
soppresse, così come musetti, salami e altri insaccati, venivano
preparati presso le famiglie contadine dall’esperto del luogo. Dopo
l’uccisione del maiale si provvedeva alla lavorazione della carne e alla
preparazione dei vari prodotti. Era quello un periodo di intenso lavoro
comunitario ma anche di grande festa e abbondanza. Vari documenti
testimoniano che già nel 1800 tali prodotti venivano appesi per 8-10
giorni nelle cucine in presenza di un braciere acceso, allo scopo di
asciugare il prodotto fresco. Dopo questo breve periodo essi venivano
posti in cantina o in un sottoscala fresco e sterrato per la
conservazione.
La
stagionatura fa assumere esternamente alla soprèssa il colore prima
biancastro e poi grigio-marrone scuro della muffa di cui si ricopre. Al
taglio, la carne appare di colore rosso tendente al rosaceo, con la
caratteristica irregolare marezzatura bianca dovuta alla componente di
grasso che avvolge la parte proteica.
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